Senza meta – Looking for love

Il terremoto di emozioni di Miss Universo

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L’esperienza notturna del terremoto ha lasciato spazio ad un nuovo giorno, riponendo tra i ricordi quanto accaduto e mostrando un presente da vivere.

I ragazzi sono venuti a prendermi a casa, sono le 6:30 del mattino e sono felicissimi perché sarà un giorno di festa. Descrivono il picnic come qualcosa di speciale, ma a pranzo riceveranno il solito dal bath. La partenza è stabilita per le 7:00, ma bisogna fare sempre i conti con il Nepali time. Attendiamo l’arrivo dei bus nel campo da calcio. I ragazzi compongono file ordinate, divisi per classe ed io rimango stupita di fronte a tale ordine e disciplina. Mi chiamano da ogni parte e mi contendono per raccontarmi le love story scolastiche. Che ridere! Mi sento una 15enne in gita. I bus arrivano dopo un’ora e li riempiamo come accade per quelli di linea. Il caos regna sovrano, cantano e ballano come riescono.

Sono felici ed io non posso smettere di sorridere. Ad un tratto un sussulto di gioia. Urlano: “Ohhhh… Marzia… look… mountains”. Non comprendo il perché di tale stupore, ma loro si appiccicano ai finestrini per lungo tempo. Regna il silenzio. Vivono nella Kathmandu valley attorniata da montagne, ma qui… qui le montagne sono diverse… qui hanno la neve. Adesso è tutto chiaro. Prendono la mia macchina fotografica per usare lo zoom, vederle da vicino e fotografarle a sfinimento. Io mi blocco a fissare i loro entusiasmi ed imparo un’altra lezione di vita: l’importanza del sapersi stupire.

Il luogo in cui si svolgerà la giornata non è un granché, ma abbiamo a disposizione un capannone dove svolgere alcuni giochi. Verso le 11.00 facciamo colazione con Chana Masala. Un piatto costituito da ceci cotti e ripassati dentro una salsa vagamente pomodorosa e piccantissimissima. Per mia fortuna, che non mangio piccante, oggi vengono serviti con riso cotto in latte con scaglie di cocco e avena. Il mix piccandolce è sublime e ne mangio due piatti. È tempo del discorso scolastico. I ragazzi costituiscono righe di fronte al palco e si siedono in ordine di età. Ancora una volta rimango stupita. Io mi posiziono nel mezzo per non fare torto a nessuno. Il preside della scuola fa una piccola introduzione, chiama sul palco i ragazzi più grandi e due personaggi autorevoli. Parla un Nepali English che non comprendo, ma mi sforzo di capire che cosa stia avvenendo. Ad un certo punto, a chiare lettere, come non mai nella vita…. “and the special guest Marzia D’Ascenzo”. Cavoli ha detto il mio nome? No Dascienzo, no Da Scenza, no Di Assensio… ha pronunciato proprio il mio ed in modo impeccabile. I ragazzi, che sapevano tutto, fischiano… ridono… battono le mani… e mi incitano a salire sul palco. Mi vergogno da morire. Il preside mi presenta, io faccio un inchino, sorrido, ringrazio e penso che sia tutto finito ed invece no. Mi fanno sedere al centro del palco e la mia visione, del tutto, cambia. Mi trovo in primo piano e all’interno di ciò che prima guardavo da fuori. Il discorso del preside continua, io ovviamente continuo a non capire niente, le persone autorevoli fanno il loro discorso come il capo classe. Ad un tratto la persona alla mia destra mi invita ad alzarmi, le gambe tremano, la sudorazione è alle stelle. Mi pone una cada color arancione intorno al collo, è una fascia di raso, tipica della religione buddista, consegnata in segno di benvenuto, ringraziamento e rispetto. Ho la fascia da “special guest” al collo e mi sento come Miss Universo. Mentre tutto questo avviene, il preside mi ringrazia per quanto ho fatto in questi giorni e per quello che farò. Entro ufficialmente a far parte di questa comunità accolta dall’applauso più bello che io abbia mai ricevuto, quello di un centinaio di bambini. Sono un terremoto di emozioni, le gambe vacillano, ma fortunatamente mi sorreggono. Mi viene da piangere, ma mi ricordo che i miei piccoli amici mi hanno insegnato che di felicità si può solo ridere, e se la tua felicità è grande devi sorridere in proporzione. Le emozioni si possono controllare, quindi sorrido più che posso, anche se i miei occhi diventano inevitabilmente lucidi. Mi inchino di fronte a quell’uomo e ringrazio più volte. La foto di quel momento è piccola, lontana, ma il ragazzo che l’ha scattata ha colto il mio viso emozionato e commosso. Ovviamente arriva il momento di dover tenere un discorso. Mi vergogno terribilmente perché ogni bambino che ho di fronte parla un inglese migliore del mio. La lingua diventa una barriera che mi impedisce di descrivere ciò che provo nel profondo. Il mio discorso strampalato consiste nel dire chi sono, quanto starò qui ed i progetti che seguirò. Ringrazio per avermi accolta, ringrazio la fondatrice di Human Traction per avermi accettata come volontaria e Claudio per avermi guidata fino a qui, il preside della scuola e tutti i ragazzi per questa immensa sorpresa. Penso che, la sera precedente, la terra abbia tremato per prepararmi a tutto questo. Oggi sono riuscita a stare in piedi nonostante il terremoto delle mie emozioni.

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La cerimonia è continuata ed io ho dovuto consegnare ad ogni studente dell’ultimo anno una cada di cotone grezzo di color giallo paglierino ed una targa dorata montata su bamboo. Allo studente e alla studentessa migliori, anche un diploma di riconoscimento. Mentre mettevo la fascia intorno al collo, ad ognuno di loro, auguravo una buona vita. I loro grazie detti guardandomi negli occhi saranno ricordi indelebili.

A seguire dal bath per tutti, sono le 16:00 e non comprendo se sia pranzo, merenda o cena per loro.

Scattiamo qualche foto e poi viene fatta una lotteria… I premi sono tutti materiali scolastici. Io ho comprato 3 numeri ed ho vinto con il numero 20, il numero dei ragazzi dell’orfanotrofio, il numero a me molto caro per la mia storia personale.

Un’ora di viaggio in bus in condizioni improbabili, la stanchezza, le emozioni che si placano… è la prima volta che ho il desiderio di arrivare a casa il prima possibile. Doveva essere un picnic tranquillo con la scuola del villaggio che mi ospita ed è stato uno dei giorni più belli ed emozionanti della mia vita, tanto da scalare la mia top ten personale.

Mi sono messa a letto senza cena e molto stanca, ma ho la necessità di scrivere e bloccare le emozioni.

Ho tra le mani la fascia e penso a cosa possa provare Miss Universo. Non dormirò con la fascia al collo, ma sicuramente mi seguirà come protezione e ricordo lungo il mio viaggio.

Quando ho scritto il post per chiedere donazioni vi ho citato la frase di Madre Teresa di Calcutta: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Ora credo fortemente, dopo il terremoto di questa notte, che una misera goccia come la mia, unita ad altre infinite gocce, possa attivare uno tsunami di cambiamento, quel cambiamento che sogno, e che cerco di realizzare, per lasciare un mondo migliore rispetto a quello che ho trovato.

In questo viaggio non sono sola e ringrazio chi ha contribuito, e chi lo farà presto, ai progetti di Human Traction. Ringrazio tutti coloro che hanno donato fino ad oggi perché il loro contributo aiuterà questi ragazzi. Sono qui da tre settimane ed abbiamo quasi terminato il campo da calcio, in progetto quello di pallavolo, abbiamo portato acqua a bagni e cucina, stiamo riprogettando i bagni e cercando di garantire letti e coperte per tutti.

I sostenitori del progetto “Sogni d’oro” hanno già assicurato piumoni e copripiumoni a tutti i ragazzi e, quando ho comunicato loro la notizia, stavano per “piangere” di gioia.

A presto da una nuova latitudine e longitudine di vita.