Bernard Werber sostiene che siamo dotati di cinque sensi fisici: vista, olfatto, udito, gusto e tatto… e di cinque sensi spirituali: emozione, immaginazione, intuito, coscienza ed ispirazione. Ho fatto mio ciò che ho letto nel suo libro e da allora viaggio con tutti i sensi aperti, o almeno ci provo.
In ogni luogo che visito, gioco a trovare il senso fisico ed il senso spirituale che prevalgono. Qui in questa piccola realtà della Kathmandu Valley è tutto chiarissimo: udito ed emozione sono un mix esplosivo.
Vivo in un villaggio che mi riporta indietro nel tempo, a 30 anni fa, quando andavo in vacanza da mia nonna Albina, in un paese disperso nella valle del Fucino in Abruzzo. Fatico a sentirmi nel 2014. Tutto ciò che mi circonda mi riporta al mio stato fanciullo. Mi sveglio con il canto del gallo e la luce del sole, poi rimango a letto ad ascoltare il risveglio del villaggio. Faccio colazione con il latte della mucca, quello autentico, quello che bisogna far bollire per non stare male, proprio come mio padre faceva da bambino. Mangio l’uovo sbattuto ed alla mente tornano i ricordi di quando ero bambina. Il bagno non è in casa, non ho né acqua calda, né riscaldamento. Il bucato si fa presso le fontane del paese, ma io lavo in casa. Per farmi la doccia devo far bollire l’acqua… manca solo la bacinella blu in cui mia madre mi posizionava in piedi per sciacquarmi con il bricco del latte, ma il resto è identico. Nonostante tutto ciò che può essere definito “disagio”, io non mi sono mai sentita in difficoltà o fuori luogo. Forse perché le mie origini sono quelle semplici di due paesini abruzzesi in cui la vita si svolgeva in modo analogo a tutto questo. Vivo in un luogo caratterizzato da suoni dove il mio udito viene sollecitato ad ogni istante. Tutto ha inizio quando il silenzio della notte viene sostituito dalle prime luci dell’alba. Canta il gallo che ti sveglia, cinguettano gli uccelli al sorgere del sole, creano un sottofondo le voci delle persone che popolano la strada, abbaiano i cani, si susseguono i clacson di autobus, camioncini e moto, ognuno ha la sua modalità per essere riconoscibile. Tutto questo si confonde con i rumori creati dalle attività umane: le campanelle suonate per la puja, il tonfo sordo di chi spacca la legna, il rumore di chi lava i vestiti o i piatti sul ciglio della strada, il rumore acuto di chi lavora il ferro, il vociare dei primi bambini che vanno a scuola e poi le mucche, le capre, le galline e le papere. Questa esplosione di suoni inebria il cuore.
Mi sono messa in viaggio per l’oriente mentre la luna era in fase crescente ed oggi festeggio qui la mia terza luna di viaggio. Chissà che rumore fa la luna piena che sbuca dall’Himalaya!
Le giornate trascorrono in modo semplice, scandite dal Nepali time e Nepali style: colazione, faccende domestiche, organizzazione della giornata, tempo per bambini e ragazzi, lavori per far avanzare i progetti dell’associazione, pranzo tutti insieme, partita di calcio per merenda e cena in solitaria. I rumori si spengono con il calare del sole e la giornata finisce nello stesso modo in cui inizia: con le campanelle della puja che adoro, rito di ringraziamento tipico della religione induista. Oggi è un giorno speciale.
È sabato, corrisponde alla nostra domenica, ed è notte di festa per celebrare la luna piena. Mi emoziono perché non potrei festeggiare in modo migliore. Con i ragazzi ci godiamo il sorgere della luna dal profilo dell’Himalaya. La fotografano per me, è immensa, arancione, limpida, perfetta.
Per l’occasione veniamo invitati a cena da una famiglia nepalese. Circa una dozzina di persone in 8 mq di stanza. Ci servono mangiare locale ed un mix allucinante di coca cola ed una sorta di grappa (proprio a me che odio il cuba libre). Ci osservano mangiare, perché è così che funziona, prima l’ospite e poi tutti loro. I ragazzi mi spiegano il perché della festa e qual è il dolce tipico che viene realizzato in questa giornata. Si chiama “chaku”, ha la forma curiosa di un pesciolino. Assomiglia ad un panzerotto ripieno, la pastella è fatta con farina il riso ed il ripieno con melassa e semi di sesamo. È buonissimo.
Dopo circa un’ora ci riversiamo in strada. I ragazzi sono emozione pura. Attendono il concerto come l’evento dell’anno, perché lo è. Volete sapere che rumore fa l’ultima luna piena dell’anno alle pendici dell’Himalaya?
È un mix di strumenti strampalati, cantanti stonati che suonano su un camioncino da cantiere e gente in strada che festeggia. Mi sembra di essere ad una festa organizzata in box da ragazzini quindicenni che improvvisano una band. Non c’è coordinazione, il ritmo è abbozzato e le canzoni si stoppato sul più bello senza alcuna logica. I nostri ragazzi urlano, ridono, cantano e sognano di essere i prossimi a salire su quel “palcamion”. Mi abbracciano, abbozziamo qualche passo, mi spiegano le loro usanze. Ad un tratto richiamano la mia attenzione, indicano il cielo alle nostre spalle e dicono: Marzia… full moon. Alzo gli occhi, la vedo più bella di sempre, ringrazio i miei angeli custodi per avermi condotta qui. L’emozione che provo è indescrivibile e scusate se la tengo per me. Qualsiasi parola la sciuperebbe.
Mi dirigo verso casa con Claudio certa che tutto sia finito, ma devo ancora ricevere il mio “regalo”. La luna piena non mi tradisce mai. Poco prima di andare a letto mi scrive una persona che non conosco, le sue parole arrivano dirette al cuore, mi emoziono e piango di gioia. Ecco un nuovo anello da saldare alla catena umana che sto creando. Ecco una nuova persona che si inserisce nel progetto looking for love. Rimango incredula di fronte alla vita. Mi chiedo se tutto questo sia sempre esistito.
Quello che condivido con chi mi segue mi viene restituito raddoppiato e, oggi, i miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che virtualmente stanno viaggiando con me, che non conosco, che mi seguono da tre lune e mi supportano in questo viaggio.
Un mondo migliore è possibile e noi, nel nostro piccolo, lo stiamo già cambiando.
La mia giornata finisce con la luna che splende di fronte a me quando mi sdraio.
A presto da questa latitudine e longitudine di vita che mi ha stregato l’anima.