“Il più bel viaggio è quello che facciamo l’uno verso l’altro”.
Così scrive Pennacchi e così vivo il mio viaggio e i miei incontri.
E’ stato così in Europa, ma qui in Asia la sensazione di viaggiare verso il prossimo è amplificata.
Mi confronto con Claudio, altro viaggiatore, lui è sulla strada da quasi 7 mesi. Mi racconta aneddoti, mi aiuta nell’inserimento della realtà che sto vivendo, mi aiuta a pianificare le prossime tappe, mi consiglia, mi affianca e poi mi lascia sola. Ho “viaggiato” con lui per 12 ore alla scoperta di Patan e Bhaktapur, ed ho compreso chiaramente similitudini e differenze tra noi. Ci spostiamo insieme, ma è come se ci muovessimo singolarmente. Ognuno ha i suoi tempi, i suoi interessi, le sue abitudini ed il proprio modo di vivere i luoghi. Ci si perde, ci si ritrova, ci si confronta, si è complici, si condivide e poi arriva il momento dell’isolamento in cui, ognuno di noi, rielabora quanto vissuto con i propri riti e mezzi. Tutto è naturale e, come dice lui, ci sono regole non scritte. E’ come avviene lungo il cammino di Santiago tra i pellegrini. Il mondo accoglie i viaggiatori e, quando questi si incontrano, c’è solo tutto da condividere perché si è simili nel profondo. Per quanto la storia di ognuno di noi sia differente, le motivazioni siano simili, il modo di viaggiare rimane personale e, al di là di ciò che si può raccontare oggettivamente, parlano i nostri volti, i nostri occhi, i nostri sorrisi.
Personalmente reputo che non ci sia un modo di viaggiare “giusto” che rende gli altri “sbagliati”… semplicemente ognuno ha il suo. In questo momento della mia vita, il confronto diretto o meno con altri viaggiatori è fondamentale. Il tempo condiviso con chi è simile a me nel profondo, ma viaggia in modo completamente diverso dal mio, diventa unico quando ci si confronta perché il nostro campo di azione si amplifica con naturalezza. Un luogo, un volto, una situazione… a volte ti perdi, a volte non la comprendi, a volte non la noti… e l’altra persona è lì per focalizzare la tua attenzione o spiegarti quel che non comprendi o non sai. Con Claudio è così. Ha già calpestato queste terre e mi spiega quanto più possibile. Sono felice perché il mio viaggio vuole essere un viaggio di condivisione e, se avviene con altri viaggiatori, il mio interesse è doppio. Ho ancora molto da imparare, ma credo di essere sulla strada giusta. Accanto a lui ho compreso che quello che vedono i nostri occhi sono semplicemente angolazioni diverse di un’unica realtà. L’ho capito attraverso le foto che abbiamo scattato in questi giorni. La realtà che viviamo è il soggetto, a noi la scelta di fotografarla con i nostri occhi.
Lo stupore di ciò che siamo aumenta se mi confronto con i ragazzi di questo orfanotrofio. Prima di poter essere introdotta in questa realtà, mi era stato chiesto che cosa potessi dare loro e, alla fine, mi trovo ad imparare. Qui la vita è basilare, nulla di ciò che si vive in occidente, e loro sono una grande famiglia. Sono ragazzi che non hanno genitori, ragazzi che si vogliono bene come fratelli e che, in ogni istante della giornata, mostrano i valori su cui si basa il loro rapporto: condivisione, rispetto, ordine, affetto, aiuto reciproco. Abbiamo una casa in cui poter stare con loro e spesso il momento del pranzo è quello di maggior affiatamento e in cui mi sorprendo di più. Cucinano per tutti, ognuno ha il suo compito, sorridono, si divertono. Sono complici nel fare ogni cosa, soprattutto nel prendermi in giro. E’ tutto semplice e speciale.
Sono qui da una settimana ed inizio ora ad interagire con loro più serenamente. Il confronto con questa nuova realtà è avvenuto in modo repentino, ma non c’è stato giorno in cui io mi sia sentita fuori luogo.
I ragazzi iniziano ad insegnarmi la loro lingua, mi spiegano usanze e religioni, mi cucinano piatti tipici. Io li aiuto con le mie competenze per migliorare le loro condizioni e cerco di essere una buona sorella maggiore. Il viaggio che faccio verso di loro è lento ed in punta dei piedi… ho il tempo necessario per lasciare che gli eventi facciano il loro corso. Ero un buon difensore quando giocavo a calcio, ma non ho mai fatto entrate a gamba tesa. È una regola che mi sono data anche nella vita. Cerco di rispettare spazi e tempi altrui. Spesso non ci riesco, spesso vengo fraintesa nei miei atteggiamenti affettuosi, spesso mi butto a capofitto perché sono golosa della vita altrui. Qui però ci riesco. Ho trascorso i primi giorni a studiare le dinamiche tra loro ed ora, giorno dopo giorno, le distanze tra noi diminuiscono. Cammino sul mondo, mi calo nella realtà locale e mi avvicino ai loro cuori, o almeno ci provo. Loro scelgono i tempi e le modalità, io li assecondo nel totale rispetto perché sono “ospite”.
Il mio viaggio continua ad essere un viaggio verso il prossimo… che sia un amico che mi ospita, una persona che incontro in ostello, uno sconosciuto che mi raggiunge, un viaggiatore che incontro o persone che conosco nei luoghi che scelgo di visitare.
Il mio viaggio continua a sorprendermi in continuazione. Io muto con il mutare dei luoghi. Ad ogni risveglio vedo una Marzia diversa che si riflette allo specchio. Attendo le rughe da anni ed il mio viso sembra ringiovanire. La luce dei miei occhi si alimenta nonostante la mancanza di elettricità. Il mio sorriso ormai è un dato di fatto.
Mi stupisco di me. Mi stupisco di coloro che incontro. Mi stupisco del mondo. Mi stupisco della potenza della vita… quella vera… dove si è felici veramente con poco.
A presto da una nuova latitudine e longitudine di vita.