Sarei dovuta rimanere 2 giorni e sono qui a condividere la quotidianità di chi mi ospita.
Oggi vi spiego il filo conduttore del mio viaggio: “Looking for love“.
È necessario che io lo faccia per farvi capire le mie modalità di spostamento. Ho il desiderio di girare il mondo, non per riempire un planisfero con puntine colorate, ma per conoscerlo attraverso le persone. Voglio vivere i luoghi attraverso gli incontri che faccio e voglio scoprire ogni forma di amore: per il prossimo, per la natura, per l’architettura, per gli animali, per le religioni, per le culture, per il cibo, per gli odori, per le passioni personali, per i lavori più disparati e per tutto ciò che produce benessere interiore.
Il mondo per me non è fatto solo di continenti, confini e visti… è fatto di persone.
Ecco, partendo da questo concetto, vi racconto quanto accaduto ieri.
Quando sono partita pensavo che il movimento, la luce del sole e il caos intorno a me mi avrebbero portato a vivere incontri fantastici (e succede), ma ieri ho visto anche l’altra faccia della medaglia. Nella staticità di questi giorni, quando tutte le luci di questa casa si spengono e regna il silenzio io incontro lui “V”. Lo incontro nell’oscurità della notte, ma non è un sogno. E’un ragazzo che ha cliccato “mi piace” sulla mia pagina. Mi incuriosisce un disegno che ha come copertina e chiedo spiegazioni. Ci scriviamo per due ore. Mi chiede di me, del viaggio, di come lo affronto. Gli parlo come se lo avessi di fronte. Non posso vedere i suoi occhi,ma è lì davanti a me. Gli spiego che non fuggo da nulla e che non cerco nulla di particolare se non “vivere incontri“. A quel punto la sua domanda secca: cosa cerchi nelle persone che incontri durante il tuo viaggio?
La mia risposta altrettanto secca: Specchi.
Cerco confronti, non mi importano i numeri, mi importa ricordare nomi e le sfumature dei colori dei loro occhi… voglio lasciare riflessi di me e arricchirmi di quelli altrui.
Mi definisce “meravigliosamente folle” e poi mi scrive che deve assolutamente conoscermi. Sorrido e lo invito a raggiungermi quando vuole e dove vuole. I suoi desideri muoiono sotto i miei occhi quando leggo: “E come faccio?” Mi accorgo che appartiene a tutti coloro che si autoimpongono le catene ai piedi. L’ho fatto anche io per anni. Alla fine di tutto scopro che lui scrive ed una sua amica disegna… mi addormento con questa immagine: Marzia con un tandem sospesa su un filo con zaino in spalla, specchio nella mano e il mondo sotto di lei.
Forse un giorno “V” scriverà di me… io ora ho scritto di lui perché gli incontri avvengono anche se non ci si sposta, anche quando non c’è luce e le parole si leggono invece di udirle.
La cosa fantastica è che per me ora lui ha un nome Vincenzo Il Vincent Piccolo e una storia… non rimane un semplice “I like”.
A presto da una nuova latitudine e longitudine di vita.